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  • Data di creazione 10 Febbraio 2024
  • Ultimo aggiornamento 10 Febbraio 2024

3. “Per ritrovare il gusto dell’avventura”

A cura di Elena Mauri

All’inizio del nuovo anno di lavoro del nostro Centro Studi l’Area Archivio desidera consigliare la lettura di “Per ritrovare il gusto dell’avventura”, intervista a cura di Franco Floris a Riccardo Massa, pubblicata nel 1991 sulla rivista Animazione Sociale.

Il termine “avventura” sembra essere ricoperto da quello che Riccardo Massa, nel testo Linee di fuga. Per una pedagogia dell’avventura (Ed. La Nuova Italia, 1987), nomina come il «fascino del primitivo» (Massa, 1987, p.73), che porta a pensare l’avventura come degenerazione sportiva, eroismo individualistico, bravata temeraria e arrogante, abuso idealistico ed integralistico etc. A partire dallo scenario semantico che investe l’avventura, quello che, Riccardo Massa propone di fare è, innanzitutto, di «riportare l’avventura alla struttura antropologica e ontologica da cui deriva» (Massa, 1991, p. 4), indicandola come «dispositivo di identità o di adattamento, di diversificazione o di integrazione» (Ivi, p. 5). Ma l’operazione più radicale che Riccardo Massa compie può essere rinvenuta nel proporre l’avventura come un oggetto pedagogico, affermando - con rigore metodologico e senza nascondere l’esigenza di «demitizzare anche la retorica dell’avventura in ambito pedagogico» (Ivi, p. 4) - l’esistenza di una pedagogia dell’avventura

Avventura e pedagogia sembrano costituire i due termini di un binomio provocatorio. Cosa sembra esserci di meno pedagogico dell’avventura? L’avventura rimanda all’eccitazione esistenziale, alla straordinarietà, all’esotismo, all’istintualità, alla virilità; mentre la pedagogia rimanda al moralismo, all’intellettualismo, alle restrizioni, alla quotidianità, alla prossimità…

Sembra presentarsi, in questo senso, una sorta di paradosso insito nella pedagogia dell’avventura, ma, rileggendo la struttura e i «volti» dell’avventura (Massa, 1989), si può arrivare a riconoscere il suo volto propriamente pedagogico e a ripensarla pedagogicamente.

Ma che cosa significa ripensare pedagogicamente l’avventura? O che cosa accade nel momento in cui ripensiamo pedagogicamente l’avventura? Significa, prima di tutto, riconoscere che l’avventura è un dato strutturale del processo di formazione del soggetto in educazione, dal momento che rimanda alle dimensioni strutturali del dispositivo educativo (dimensione temporale, spaziale, corporea, simbolica, inconscia, iniziatica, finzionale, transizionale, transazionale, valutativa e prescrittiva). Pensare pedagogicamente l’avventura significa, dunque, pensare l’avventura nei termini di un dispositivo pedagogico.

È così che il meccanismo dell’avventura indica la struttura dell’accadere educativo e, dunque, l’avventura stessa può essere letta non come una forma d’esperienza che riguarda solo gli “avventurieri”, bensì come un’esperienza finalizzata a produrre effetti formativi. In questo senso, l’avventura viene presentata come quell’«esperienza forte di fisicità, di corporeità, di sessualità e di materialità (e non di sublimazione e rimozione) che indica le linee portanti di un dispositivo metodologico dell’intervento educativo capace di dispiegarsi secondo il regime specifico di qualunque processo di formazione» (Massa, 1989, p.13). 

Oltre che nelle dimensioni strutturali, anche nel rapporto tra quotidianità e avventura - che è un rapporto all’insegna della discontinuità o della rottura - si gioca l’analogia con l’esperienza educativa. L’avventura si presenta come una sorta di spaccatura esistenziale, come un taglio nella vita del soggetto… proprio come l’accadere educativo. Scrive Riccardo Massa: «l’ordine spaziale, temporale e simbolico dell’avventura coincide infatti con l’ordine strutturale dell’esperienza educativa e di qualsiasi oggetto pedagogico: entrambi affondano le proprie radici in quello della vita reale nel momento stesso in cui se ne distanziano istituendo un nuovo campo di realtà che rifluisce in essa, riorganizzando e ristrutturando le sue significazioni più profonde» (Ibidem).

È, dunque, nel segno dell’avventura che auguriamo a tutte e tutti voi professionisti dell’educazione di articolare il vostro corpo a corpo con l’esperienza educativa.

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